Ne avrei un numero sterminato; ma cerco di limitarmi, precisando che sono molto favorevole al rinnovamento del linguaggio quando è tale. L'esempio che fai tu è emblematico di un approccio demenziale al lessico.
I ciechi parlano di se stessi usando la parola cieco. Quindi, è evidente che tutta questa serie di espressioni sostitutive sono lo specchio dell'ipocrisia dei tempi.
Sono maniacalmente legata alla correttezza ed alla ricchezza del linguaggio, all'uso non arbitrario delle parole, al non spingerl troppo oltre la loro area semantica.
Detesto l'espressione "assolutamente sì" che ormai usano tutti. Se è sì è sì. Punto.
Non sopporto "un attimino", perchè non esiste: basta già attimo a descrivere una porzione infinitesimale di tempo.
"Mi consenta", secondo me, è parecchio disumana; di solito la usa chi se ne sbatte che l'altro gli consenta: tanto dirà - e farà - comunque tutto ciò che vuole.
Anche "non ti dovevi disturbare" è agghiacciante, sia per quanto evoca, ovvero un conato di vomito in viaggio, ma soprattutto perchè se non mi va di fare una cosa non la faccio, ergo m'innervosisco.
Una che mi è sempre stata sulle balle è "tante belle cose". Tipo?
Fondamentalmente, spesso ci si rende conto che molte persone parlano, parlano, parlano perchè non hanno alcunchè da dire; e, parlando, infiorettano con espressioni in un -ese qualsiasi, per sentirsi parte di un gruppo, di una lobby, Dio sa di che cosa. Mai, comunque, di se stessi.
Quotidianamente provo un accentuato senso d'allarme di fronte a parole e/o scritti "podalici", per così dire (!), come se il linguaggio come tale si stesse estinguendo per far posto ad un bla bla standardizzato che dispone del vocabolario più povero di tutti i tempi.
Sono preoccupata, perchè attraverso l'imbarbarimento del lessico si giunge fatalmente a quello dei rapporti tra esseri umani. Secondo me, lo stravolgimento non creativo, bensì riduttivo del linguaggio è l'anticamera di un pigro, inerte consenso acritico su qualunque stronzàta venga detta, trasmessa, scritta senza rispetto per le regole lessicali, quasi fosse una forma d'indulgenza istituzionalizzata per chiunque non si curi di conoscere la propria lingua.
La settimana scorsa, ho assistito dal ferramenta ad un dialogo tra un signore di qua ed uno del Marocco. Quest'ultimo si esprimeva in un italiano correttissimo ed elegante; il primo disponeva di un vocabolario di massimo una cinquantina di parole.
Ecco: ho l'impressione che il discorso ben articolato con l'uso di parole normali sia quasi temuto, in quanto "diverso", deviante, quasi linguaggio della follia.
No: io non mi sento affatto una mutante.
Sono cambiata molto e molte volte ed in molti modi, nel corso della vita. Ma non diventerò mai un cyber-mostriciattolo, perchè non uso codici, ma semplice linguaggio aggiornato, certo, ma sempre storicizzato, perchè se parlo o scrivo mi piace essere capita da chiunque, non solo da un club di eletti (si fa per dire...).
Ammazza, che papiro qua :)